Ricorso per la regione Toscana, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso per mandato a margine del presente atto dall'avv. Alberto Predieri e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Roma, via Nazionale n. 230, giusta deliberazione n. 11130 del 28 dicembre 1989, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, per l'annullamento dell'art. 8 del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389. 1. - Il d.-l. n. 338/1989 (che reiterava il decreto n. 279/1989 che reiterava il decreto n. 196/1989 che reiterava il d.-l. 28 marzo 1989, n. 110, il quale a sua volta reiterava il d.-l. 30 dicembre 1988, n. 548), e' stato convertito nella legge n. 389/1989, che non ne ha modificato affatto il testo, per quanto concerne l'art. 8. 2. - La regione Toscana deve pertanto insistere nel denunciare le illegittimita' contenute nel predetto articolo. Esso introduce un meccanismo a piu' titoli lesivo della competenza regionale, perche' impone alle regioni un comportamento, statuendo che esse debbono provvedere a stipulare convenzioni, e qualora tali convenzioni non vengano stipulate, il Ministero del tesoro disponga delle somme pari al contributo dovuto per l'anno precedente, bloccandole prima nel fondo di cui all'art. 8 della legge n. 291/1970 e pagandole poi agli istituti previdenziali. Viene introdotto un congegno sanzionatorio ai danni delle regioni, alla cui disponibilita' vengono sottratte le somme ricordate anche se la convenzione non venisse stipulata per fatto o colpa degli enti previdenziali, con manifesta irragionevolezza e violazione dei principi di eguaglianza e di autonomia e delle competenze garantite dagli artt. 117 e 118. Si impone la stipulazione di una convenzione, e dalla mancata stipulazione si traggono conseguenze di accantonamenti e di trattenute dannose per le regioni pur se, in ipotesi, la mancata stipulazione dipendesse solo da colpa dell'ente previdenziale. 3. - Puo' darsi che l'avvocatura obietti (come in precedenti ricorsi contro i decreti dedaduti era fatto) che le regioni non hanno alcuna competenza in materia, perche' la "materia" della previdenza ed assistenza sociale obbligatoria (assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, contro le malattie, l'invalidita' e vecchiaia, etc.) non e' contemplata fra quelle demandate alla potesta' legislativa concorrente delle regioni dall'art. 117 della Costituzione e perche' la materia non puo' essere ricompresa nell'ambito della "istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica", ovvero nell'ambito dell' "artigianato" in quanto l'art. 35 del d.P.R. n. 616/1977 ha assegnato alle regioni solo "i servizi e le attivita' destinate alla formazione, al perfezionamento, alla riqualificazione ed all'orientamento professionale, per qualsiasi attivita' professionale e per qualsiasi finalita', compresa la formazione continua, permanente, ricorrente a quella conseguente a riconversione di attivita' produttive, ad esclusione di quelle dirette al conseguimento di un titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore, universitaria o post-universitaria; la vigilanza sull'attivita' privata di istruzione artigiana e professionale": con un quadro che sarebbe confermato dalla legge-quadro in materia di formazione professionale 21 dicembre 1978, n. 845, i cui artt. 2 e 3 forniscono un quadro degli spazi di intervento riservati alle regioni, ed in cui non vi e' alcun cenno alle assicurazioni sociali degli apprendisti artigiani. Tutto cio' e' non fondato; ed e' contraddetto dalla stessa legge-quadro 21 dicembre 1978, n. 845, il cui art. 16 e' richiamato dal primo comma dell'art. 8 denunciato. Detto art. 16 prevede, fra le competenze proprie delle regioni per la formazione professionale, quelle relative alla formazione degli apprendisti, nel cui quadro lo stesso art. 16 prevede, a carico delle regioni, obblighi dipendenti e connessi all'esercizio dei poteri-doveri ad esse attribuiti per la formazione professionale. Nelle competenze delle regioni si inquadrano, dunque, le previsioni legislative; e quelle competenze in materia di formazione professionale che debbono essere esercitate nell'ambito delle norme costituzionali sull'autonomia regionale poste dagli artt. 117, 118 e 119, sono invase dall'art. 8 del d.-l. n. 279/1989. Ne' puo' sostenersi che si tratti di funzioni delegate, in quanto una tal delega sarebbe ravvisabile nel terzo comma dell'art. 16 della legge n. 845/1978. Il tentativo di sottrarsi al controllo della Corte non puo' essere spinto sino al punto di affermare che lo Stato ha delegato alle regioni la facolta' di stipulare contratti al cui pagamento deve provvedere il fondo delle regioni. Lo Stato, in altre parole, delegherebbe le regioni a pagare con i loro fondi. 4. - L'art. 8 nel terzo comma, come gia' l'art. 6, terzo comma, dei dd.-ll. nn. 110/1989 e 196/1989 e l'art. 11 del d.-l. n. 548/1988, introduce un controllo anomalo che viola l'art. 125 della Costituzione, affidandolo ad un organo centrale, violando il combinato degli artt. 117, 118, 119 e 125, e violando il principio dell'autonomia posto dall'art. 119, in quanto il fondo di cui all'art. 8 della legge n. 291/1970, costituito allo scopo di dare attuazione alla norma di autonomia, viene posto a disposizione del Ministro del tesoro che puo' disporre di somme in esso affluite, distrarle e impiegarle per pagamenti a terzi che esso decide, disponendo in modo autoritativo del fondo destinato nella intenzione del legislatore a garantire l'esplicazione dell'autonomia finanziaria regionale. Dire che si tratta di controllo sostitutivo in materia delegata (e' facile prevedere che l'avvocatura ripetera' obiezioni gia' avanzate per i casi precedenti), innanzi tutto urta contro la considerazione che non v'e' nessuna delega; ma, comunque, urta contro gli insegnamenti della Corte sanciti dalla sentenza n. 177/1988. Il potere sostitutivo puo' essere esercitato solo dal Governo nello specifico senso dell'art. 92 della Costituzione con le garanzie sostanziali e procedurali, comprese l'esigenza del rispetto della regola di proporzionalita' e con esclusione di attribuzione di controllo ad un organo che, sempre per insegnamento della Corte costituzionale, non si identifica in nessuno degli organi che l'art. 92 comprende nel concetto di Governo. La Corte ha statuito "che forme di controllo sostitutivo siano imputabili dalla legge soltanto ad organi che per poter legittimamente adottare indirizzi od esercitare controlli nei confronti dell'amministrazione regionale e della relativa istanza di vertice (la giunta) non possono essere che organi di Governo. E' solo su questo piano, infatti che operano organi in grado di vigilare sull'unitarieta' e sul buon andamento della complessiva amministrazione pubblica e che possono intervenire nei confronti di autonomie costituzionalmente tutelate con poteri cosi' penetranti come quelli sostitutivi nel rispetto delle garanzie fondamentali proprie del nostro sistema costituzionale, prima fra tutte quella di doverne rispondere al Parlamento nazionale". Questi canoni sono stati ribaditi nella materia sanitaria della sentenza n. 338/1989 che ha ribadito che: "Questa Corte, infatti, ha gia' avuto modo di affermare (v. sentenza n. 117/1988) che le ipotesi in cui puo' esser esercitato un potere sostitutivo dello Stato nei confronti delle regioni (o delle province autonome) e le modalita' di esercizio dello stesso debbono essere previste da un atto fornito di valore di legge, che le determini in via generale (com'e' nell'ipotesi dell'art. 5, quarto comma, della legge n. 833/1978) o caso per caso. E cio', come e' stato precisato dalla stessa sentenza, dipende dal fatto che il potere di sostituzione di un organo di Governo verso enti che godono di autonomia costituzionale deve considerarsi un evento eccezionale, in quanto l'esercizio del potere comporta, se pure in un'ipotesi puntuale e in presenza di un evidente pericolo di grave pregiudizio ad interessi unitari dovuto alla persistente inerzia regionale, il superamento della separazione costituzionale delle competenze fra Stato e regioni (o province autonome)". L'art. 8 prevede invece che "il Ministero del tesoro provvede ad accantonare, a valere sulle erogazioni spettanti alle regioni per gli anni 1989 e successivi, ai sensi dell'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, importi annuali corrispondenti a quelli dovuti in forza del secondo comma. Le somme accantonate vengono calcolate sulla base dei crediti comunicati al Ministero del tesoro, entro il 31 luglio 1989, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e vengono corrisposte agli istituti assicuratori entro il termine di ogni esercizio. Fino all'intervenuta stipula delle convenzioni, i contributi dovuti da ogni regione per gli anni 1989 e successivi verranno trattenuti sulle quote spettanti a titolo di ripartizione del fondo comune sulla base dei crediti annualmente comunicati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale ai fini della successiva erogazione a favore degli istituti assicuratori". Si tratta di un controllo sostitutivo affidato ad un solo Ministro, che agisce inaudita altera parte corrispondendo direttamente con un altro Ministro e sostituendosi nella erogazione a terzi soggetti privati, in violazione dei principi di autonomia contrattuale riconosciuti dall'art. 41 della Costituzione ad ogni soggetto pubblico o privato, e che a maggior ragione debbono essere garantiti alle regioni a norma degli artt. 5, 117, 118 e 119 della Costituzione. Queste invece, da organi costituzionali quali sono configurati, vengono ridotte al rango di incapaci i cui atti e rapporti vengono sostituiti da interventi di organi statali. L'invasione delle competenze regionali del resto, sia sotto il profilo dell'anomalia del controllo sostitutivo, sia sotto gli altri, e' stata rilevata autorevolmente dalla commissione parlamentare sulle questioni regionali che per due volte ha espresso parere contrario sul ricordato, e qui impugnato, art. 8.